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Pensionato, Bifidus, Supermercato, Millepiedi e altre mostruose quotidianerie

Piero ha i capelli unti. Sessantacinque anni, forse settanta. Sempre la stessa camicia. Ha divorziato dalla moglie in tarda età e non si lava molto: giusto il necessario. Ha anche perso il lavoro ed é entrato (come se la patologia avesse un profilo fisico, la cui contrazione necessita un propedeutico accesso; complemento di moto attraverso luogo) in una forte depressione.

 

Caro imbecille. Parlo con te che ti stai dicendo: “per dindirindina, non avevo voglia di leggere una storia triste. Certo che questi postmoderni potrebbero anche parlare di cose più divertenti!“. Ecco, caro imbeccille ti invito cordialmente a cambiare sito, url, portale web e a non farti mai più vedere. Non hai ancora cambiato sito? Te la sei cercata… non te ne sei accorto? E’ l’ora del bifidus! Anche la Marcuzzi ingolla ogni giorno abbondanti cucchiai di cremosissimo bianco latticino, per potersi scaricare sulla tazza con maggiore regolarità. Immagina i suoi glutei appetitosi, formosi ed atletici, che per un instante (forse qualche minuto) trasudano sterco.  Dai! Aprine una confezione, infilatelo in bocca quel maledetto yogurt; ridi felice e vai sul tuo quattro x quattro a scalare la vorticosa salita del tuo garage.  Sembri un Tycoon in limusine prima di un incidente spettacolare. Che emozione! Che bello: anche la tua fidanzata ha mangiato il bifidus; ne é piena. L’aria condizionata a riciclo continuo sta sbuffando uno strano odorino! Ma che bontà, ma che bontà… ma che cos’é questa robina qua?!

 

Piero é il mille piedi. Non nel senso zoologico del termine; piuttosto con il villoso invertebrato condivide la forma contingente che sta creando dietro di se: decine di piedi nervosi, battenti, che, nella fattispecie, attendono di far passare i prodotti selezionati sotto il raggio rosso della cassa, per acquisirli, portarli a casa e consumarli.

Tutti i clienti sono pregati di recarsi alla cassa. Il supermercato sta per chiudere, dice l’alto parlante.

Per il mio piccolo frigor ho selezionato tre birre dall’etichetta diversa, il cui prezzo varia di circa venti centisimi di euro a bottiglia. Mi sono anche procurato dei piccoli pomodirini a pera, immaginando di poterne godere in un momento di serenità, quando, sollevato dagli impegni lavorativi, potrò tagliarli a rondelle su un tagliere di legno ikea, con un affilato coltello ikea e, versandoli nella pentola ikea, potrò preparare un sugo italiano… dal retrogusto svedese, a ben vedere.

Dietro di me c’é una ragazza meridionale; non troppo alta; capelli folti e neri; abbastanza lunghi; fianchi larghi; probabilmente morbidi. Pelle olivastra. Si accompagna con un ragazzo di qua: alto e biondo. L’ho considerata bella, ma solo per l’altezza del ragazzo.

C’é anche una donna molto affascinante alla cassa a fianco. Ha polpacci nervosi e duri; la pelle scura; l’accento diverso dal mio, forse simile a quello della ragazza alle mie spalle che mi sta ringraziando per aver spostato la mia merce un poco più avanti, sul nero rullo plastico che porta i prodotti al vaglio dei raggi rossi. Grazie, mi dice.

La donna molto affasciante della cassa a fianco ha il seno piccolo e non posso guardarla più di tanto perché le felidi che ne costellano l’epitelio sono controllate dal marito ipertricotico. Anche lui ha i raggi rossi. Fuoriescono violenti dalla propria coscienza, a forma di occhi azzurri, per bloccarsi sul corpo affusolato della moglie; afferma la sua podestà, mentre lei parla di ricette, appena accennate, con Cassiera Due, che dice:

Tutti i clienti sono pregati di recarsi alla cassa. Il supermercato sta per chiudere.

Quindi ritengo che in fondo ogni invenzione, come i raggi rossi della cassa, sono l’applicazione inversa, oppure diretta, delle nostre predisposizioni: la cassa certifica la cessione di proprietà in seguito al pagamento; gli occhi di un marito confermano il vincolo di possesso che intercorre tra due soggetti in seguito ad una dichiarazione d’amore(vera o presunta che sia).

Anche Piero ha i raggi rossi. In questo momento, mentre il mille piedi si fa più nervoso, li sta indirizzando su contenitori di vetro dal colore blu. Sembrano bicchieri, anche se la forma, del tutto obliqua, potrebbe mettere in dubbio l’antica funzione di porta bevande.

Sia quel che sia, io li chiamerei bicchieri, ad anche lui. Tiene stretti nella mano destra un centinaio di scontrini; controlla con fare sospettoso ed inquisitorio, quasi fosse un monaco spagnolo, oppure uno della procura di Milano, gli scaffali dentro ai quali riposano come urne funerarie i premi a punteggio per la fideilizzazione del cliente. Che meraviglia questi cilindri porta bevande, che per miracolo si sono inclinati alle necessità del design.

Come questo racconto, anche i bicchieri, in quest’epoca priva di senso, perdono, come un cane abbandonato per strada, il loro senso alla vita. Allora si contorcono, in una vana ambizione di raggiungere inediti significati; forme inusitate; nuove plasticità; neologismi mentali.

Piero é un miracolo. Con tutte le sue domande insensate (devi controllare tutti i miei scontrini, tutti tutti, dice), mi pare come un eroe romano, sotto Romolo Augustolo. Pretende di portare in palmo di mano le sue ragioni esistenziali, i suoi valori; tutto intorno fastidio e agonia da brevissima attesa. Rivolta imminente.

Cassiera Quattro si avvicina all’untuoso cliente per sussurrare: guarda che dobbiamo chiudere; adesso basta; parliamo dei premi a punti un altro giorno.

Che tono paternalista! Seppur in quella mala cortesia si nasconda del buon senso comprensibile a chiunque.

Cassiere Uno dimostra una sensibilità del tutto materna. Prende la mano di Piero e dice: ma certo che hai fatto bene a conservare gli scontrini. Adesso ti registro i bicchieri e non fa niente se c’é la coda; non ti preoccupare. Allora Piero annuisce agli occhi grandi di Cassiere Uno, che di grande ha anche il cranio dai radi cappelli grigi e la pancia da Babbo Natale.

Tutto sembra finito e vari sospiri di compassione e gioia, vibrano tra gli scaffali coloratissimi, dove il lombrico sta dipanando la sua mole multiforme.

Piero estrae dalla tasca lacera, forse appartenuta ad un boscaiolo canadese del secolo scorso, la raccolta punti per le tazzine. Gli occhi di Uno si girano al soffitto, come in un’estasi mariana; Il volto di Cassiera Due si volge di scatto ad intercettare un qualsiasi sguardo, mimando con le labbra, a rallentatore, un improperio dal suono strozzato di genitali maschili. Piero non capisce, ma intuisce che in qualche modo la sua insistente questua a punteggio (del tutto sacrosanta perché i punti li ha raccolti con dovizia) sta rischiando di non giungere al termine. Quindi si sposta a lato della cassa, in silenzio, lasciando così fluire il gigante lombrico consumatore. Io ne sono alla testa e vedo Piero che scandaglia con bramosia le tazzine premio fedeltà, guarda a terra, a tratti imbarazzato, a tratti esaltato dal suo potere da novello vigile urbano in questa piccola viabilità di mini market.

Pago. Esco. Sosto nella curiosità marciapiede. Ascolto Bon Jovi nelle cuffie. Attendo che il millepiedi esca del tutto. Osservo le grigie saracinesche metallo scendere lente, con il mormorio di latta: Il Supermercato sta chiudendo.

I piedi di Piero sono ancora lì, a sostenere il sogno di una giornata spesa bene.

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un racconto di Giorgio Michelangelo Fabbrucci

 

 

 

 

 

Author: Giorgio Michelangelo

Giorgio Michelangelo Fabbrucci (Treviglio, 1980). Professionista del marketing e della comunicazione dal 2005. Resosi conto dell'epoca misera e balorda in cui vive, non riconoscendosi simile ai suoi simili, ha fondato gli Alieni Metropolitani... e ha iniziato a scrivere.

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