Umberto Eco sostiene che ‘postmoderno’ sia «un termine buono a tout faire», e in effetti in quasi tutte le presentazioni letterarie recenti si usa spesso a sproposito (insieme alla sanzione di calvinianità – «con leggerezza calviniana» dovrebbe essere un’espressione consentita per un massimo di dieci volte nella vita).
Dunque come riconoscere il vero scrittore postmoderno? Spesso non dimora nei riconosciuti centri della cultura né nelle capitali in cui gli autori si incontrano di sera per discutere di letteratura. Potrebbe trovarsi «ai confini dell’impero» (per citare una canzone di questo scrittore nel caso in cui fosse anche un musicista); è possibile che lo si ritrovi a Bari, cioè, come a volte lui dice, «fra New York e Tokio».
L’orizzonte degli eventi, di Cristò (Il grillo editore) è un romanzo postmoderno, un tributo ai maestri di questa controversa corrente letteraria, di cui utilizza le forme: nell’uso del paratesto, per iniziare. Il controfrontespizio segna l’inizio del romanzo: «Per quanto loro insisteranno nel dichiarare il contrario, i personaggi di questo libro sono frutto di invenzione»: come non pensare all’Opera struggente di Dave Eggers? Ancora paratesto: la fascetta riporta l’opinione di tal Giovanni Bartolomeo, «Questo libro è una porcheria», il che oltre a essere una intelligente strategia pubblicitaria è anche artificio metaletterario, essendo il Bartolomeo in questione protagonista del libro e, ovviamente, calco italiano di tale John Barth, nel caso lo conosceste (ah, fra parentesi, l’agente letterario di Giovanni si chiama Davide Vollase). E le note!*
Il racconto intero è metaletterario: il protagonista ottantatreenne rilegge il suo romanzo più famoso ma, non ricordando di averlo scritto (è affetto da Alzheimer) lo considera, appunto, «una porcheria»; Giovanni, Davide e Caterina sono tre personaggi che si muovono per le stanze di una casa nel corso di una sola giornata, e sono consapevoli di quanto difficile sia per lo scrittore reggere una situazione narrativa di questo tipo. Donatello, protagonista del romanzo riletto e dimenticato, è uno scrittore in formazione (e qui siamo alla metanarrativa al quadrato).
Quanto alla conclusione del romanzo, non delude affatto, e anzi la storia si chiude perfettamente in se stessa, senza sbavature. Tutto ciò non per mero esercizio stilistico, com’è tipico del postmoderno nelle sue propaggini peggiori, ma al servizio dell’«urgenza» di scrivere, di costruire mondi narrativi coerenti e funzionanti. Non credete a Giovanni Bartolomeo, questo libro non è affatto una porcheria.
una recensione di Carlotta Susca
* L’uso narrativo delle note è chiaro un segnale di appartenenza al postmoderno.
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17 luglio 2011
Postmoderno è tutto ciò che si muove oltre teorie già formulate, vecchie e fallimentari. Per questo reggruppa scrittori anche molto diversi tra loro. Perchè è lo spirito con cui vivono e con cui osservano la realtà, che li accomuna. E la rottura con gli schemi letterari tradizionali. Non vedo l’ora di leggere questo postmoderno pugliese! senna
1 agosto 2011
Questo libro ha tracciato nuovi sentieri nella mia mente, spalancato i miei occhi e scavato strapiombi nella mia anima.
Oltre che avermi profondamente commossa. Ma forse questo è banale a dirsi.
2 agosto 2011
@angela: non so cosa ne penserebbe l’autore ma non credo che le tue sensazioni siano banali. se ci vorrai dire qualcosa di più lo apprezzeremo molto. Erre
7 settembre 2011
Troppo buona Angela.