Racconto breve di Raffaella Foresti
Sono una ragazza carina, no? Certo che sono carina.
E questo è il primo punto. Potete dire quello che volete, ma so che è così. Ne ho le prove, credetemi. D’accordo, non è oggettivo, non è assoluto.
E poi non sfilo per Yves Saint Laurent, eccetera.
Non sapete chi è Yves Saint Laurent? D’accordo, allora diciamo Valentino. Non sfilo per Valentino ma rimane che io venga trattata, quotidianamente, come una ragazza carina. Capite cosa voglio dire, no? Gli uomini più eleganti mi cedono il passo in ascensore, le donne mi squadrano, per strada. E pensate che gli impiegati degli uffici (tipo in posta, eccetera) mi trattengono sempre qualche secondo di troppo, per rivolgermi le loro inutili parole. E sento il loro sguardo che mi segue, mentre mi allontano verso l’uscita. E così via. Sorrisi, clacson… Non vi ho ancora convinto? Allora che mi dite delle strisce pedonali? Non aspetto mai più di qualche istante per attraversare l’incrocio. Ecco che si fermano, diligentemente, per darmi precedenza e potermi osservare: davanti, di profilo, dietro. E poi ripartono.
Niente di che, d’accordo. Ma a questo punto sarete tutti d’accordo con me: sono una ragazza carina. E questo è il primo punto.
Il punto seguente è che nel mio e nel vostro mondo se sei una ragazza carina la tua strada è, per così dire, tutta in discesa. Io dico che settanta su cento avrai un futuro. Magari non bello ma almeno discreto. Comunque un futuro. Certo, può pure andarti male. Ma, diciamolo, nel mio e nel vostro mondo questa possibilità è abbastanza remota.
Mi sono dilungata e non volevo.
Quello che voglio dire è che nella mia naturale condizione avrei anche potuto – con un rischio minimo e comunque calcolato – evitare di spingermi così in là ed accontentarmi di ciò che la sorte mi aveva dato alla nascita. Spendermi questa moneta in modo molto semplice, comunque certa di garantire per me stessa buone provviste per l’inverno. Perché la primavera della bellezza, certo, finisce e bla bla bla. Ma sparge semi che poi, quasi sempre, germogliano e mettono radici.
E in tutto questo io che ho fatto? Maledetta me e tutti gli stramaledettissimi libri del mondo intero.
Io ho studiato. Letteratura, storia, filosofia. Musica. Algebra, diritto, economia. Economia! dico. Ed eccomi qua. Sono emigrata dalla mia provincia e lavoro in una multinazionale. Vivo da sola. E da piccola suonavo anche il violino.
E ora che ci siamo conosciuti meglio vengo al dunque.
Il dunque è questo:
– Lisa ha preparato la pratica Wallace?
– …
– Lisa? La pratica Wallace?
– Certo dottore. Pronta, in triplice copia.
– Lisa, lei è preziosa per la nostra Compagnia e noi la stimiamo molto, lo sa vero?
– Certo dottore. A domani dottore.
– Buona notte Lisa.
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