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Il Buco

Racconto di Giorgio Michelangelo Fabbrucci

 

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Mi giro e noto che tutto il gruppo sta guardando il buco. Una piccola voragine. Un ovale buio. Un tombino senza coperchio. Un cilindro nero del quale si vede solo la superficie superiore, vuota.

A volte mi sono avvicinato. Curioso. Tutti vi si accostano prima o poi. Forse è normale. Ritengo che ogni essere umano, se cosciente della presenza di un pozzo senza fondo al centro del proprio villaggio, dovrebbe nutrire quanto meno una piccola perplessità. Non importa. Questa sera sono tutti lì intorno.

In passato passeggiavo con Anna, la mia fidanzata. Vi assicuro che la nostra relazione era perfetta. Bellissimi entrambi. Notti da urlo e desideri condivisi. Camminavamo piano. A volte stavamo distanti l’uno dall’altra… dopo poco ci cercavamo e ritornavamo a stringerci le mani. Del buco ci avevano avvertito in molti. Infatti preferivamo passeggiare nel deserto. Luogo arido, vi assicuro. Ciò nonostante qualche fiore riesce a crescervi, ed è di una bellezza sorprendente.

Tra le distese di sabbia amavamo raccontarci di città splendenti. Arte e marmi. Gioie e palazzi. Era bello cogliere dalla fantasia di Anna inedite forme di pensiero. Provavo lo stesso stupore suscitato da una lucciola nella nebbia. Anche Anna in seguito si é avvicinata al buco e ci si é tuffata dentro. Io non l’ho vista. Me l’hanno raccontato. Quel giorno passeggiavo da solo in periferia, come solito.  Anna camminava al centro del villaggio. Parlava con qualcuno, allegra. Ad un certo istante si é resa conto del buco. Lo aveva sempre visto. In quel momento però ne prese improvvisa coscienza. Si é avvicinata, ha guardato dentro, giù, nel fondo scuro. Ha sorriso come un angelo e si é tuffata di testa. Già, di testa! Come un tuffatore etrusco.

Dopo l’accaduto ho cercato gli anziani, per chiedere loro di transennare il buco o di inserire intorno al suo perimetro dei cartelli di allarme. Purtroppo non ho trovato vecchi a cui appellarmi. Cercai allora di comperare del filo spianato, ma al villaggio mi dissero che non si poteva. Allora chiesi ai soldati: “Fate picchetto per favore”. Loro quanto meno mi hanno dato ascolto. Solo una notte, purtroppo. All’alba si sono fatti inghiottire.

Tra l’altro non so dove siano finiti gli anziani. Non voglio dar retta alle male lingue che gli additano come scavatori. Non ci credo. Tanto meno voglio credere a coloro che affermano di averli visti ubriachi, tuffarsi a bomba nel baratro. No, no. Non é proprio possibile. Gli anziani di certo sono andati alla ricerca di un villaggio vicino, per vedere se vi sia qualcosa di buono.

 

Come mai sono tutti là attorno? Forse mi conviene controllare. “Che succede?” “Nulla, guardiamo dentro” “Che perdita di tempo. Lo sanno tutti che non si vede nulla” ” Hai ragione, ma Arturo si é calato un poco dentro, con una fune. Poi é caduto anche lui. Prima di perdere la presa ha gridato qualcosa del tipo – vedo il fondo é meeerr” “Cosa vuol dire meeeerr?” ” Non lo sappiamo. Forse l’inizio di una parola, o forse un suono strozzato” ” Beh. Poco importa. Allontaniamoci tutti e andiamo a preparare il pane. Hanno appena ritirato olio e farina ai frantoi… ah, che stupido, quasi dimenticavo: il sarto ha tessuto nuove vesti di liuta, per noi tutti. Nuove e morbide”. Non mi risponde nessuno. Elena per giunta mi guarda male. In realtà non mi guarda del tutto; osserva il buco e ogni tanto si volge a me, torva. Va beh. Che fare? Forse meglio andarsene e cercare un bell’albero sotto il quale riposarsi, godere del Sole e ammirare l’operosità delle formiche. “Dove vai sciocco?” Questa é Elena. E’ la prima volta che mi chiama così. “Ha cercare un bell’albero” gli rispondo secco. “Sei uno sfigato. Sei contento vero? Bravo, bravo. Complimenti. Guardatelo lo scemo contento. Coglione. Bel futuro di mmmm mmm”. Dovrei prenderla a sberle, ma non si può… o almeno mi hanno insegnato che bisogna rispettare la varietà delle pulsioni e delle inclinazioni umane con benevolenza, quand’anche non siano in accordo con le nostre convinzioni. “Fai quello che vuoi, io vado a cercarmi un albero”. Oh là. Questione risolta! Ora mi allontano davvero… aspettate un attimo. Elena si é tappata il naso (chissà perché, poi) e si é tuffata a candela, tipo apnea, nel buco! Mi giro di scatto. Sono molto turbato, anche perché gli altri hanno iniziato ad applaudire, ad urlare entusiasti. Incredibile: si stanno buttando tutti dentro! “No ragazzi, No! Non fatelo. Non si sa neppure dove si vada a finire! Per favore ragionate!” – “Vai all’orto scemo!” e si tuffa. Si sono buttati dentro tutti. Ora al villaggio rimiamo io, il sarto, qualche donna non troppo bella, qualche uomo non troppo fortunato, gli asini, i maiali, i gatti, i cani, i conigli, le galline e tutti i frutti dell’orto. Cosa ci sarà di male nell’orto, dico io! E’ così bello vedere i pomodori che si gonfiano e diventano maturi! E pensare che basta un pochino d’acqua e fanno tutto da soli. Incredibile! Ora avrò molti orti da coltivare.

Scusate un attimo, si sta avvicinando un tizio. Uno nuovo. Un forestiero. Piuttosto magro, tra l’altro. Barba incolta e capelli non troppo pettinati, lunghi. Mi parla.

“Non vuoi raggiungerli laggiù? Ora mai, sei praticamente solo”.

“Non so chi lei sia, Signore, o da quale villaggio straniero, sempre che ne esistano, provenga. Le assicuro che io rimango qui. Ho i miei amici animali e i miei paesaggi. Le assicuro, non hanno prezzo: uno più perfetto dell’altro, anche se non é corretto dirlo”.

“Bene! Un coraggioso. Pensavo che anche tu volessi abbandonare tutto e scendere laggiù”.

“No guardi, le assicuro. Io sto bene qua, mi sembra tutto ok. Non del tutto comprensibile, ma ok”

“Ottimo. Ne sono felice e in effetti é tutto ok”

“Mi scusi. Dato che mi sembra tanto cortese… lei sa per caso dove sono finiti tutti gli altri”

“Certo che lo so! Hanno deciso di toccare il fondo”.

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[email protected] / twitter@iFabbrucci
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Author: Giorgio Michelangelo

Giorgio Michelangelo Fabbrucci (Treviglio, 1980). Professionista del marketing e della comunicazione dal 2005. Resosi conto dell'epoca misera e balorda in cui vive, non riconoscendosi simile ai suoi simili, ha fondato gli Alieni Metropolitani... e ha iniziato a scrivere.

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