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Gitanes

Racconto breve di Raffaella Foresti

 

Sono qui, cercami.

Ti sei accorto che è domenica? Fuori piove, e tu sei solo.

Francesca ti ha lasciato da quattro anni ormai. E tu ancora pensi a lei?

Fu sua la colpa, se ci separammo.

Una tazza di caffè nero, caldo. Scende per la gola e sveglia i ricordi.

La tv è accesa, ma è solo una luce che illumina questa stanza.

E’ inverno. E’ ancora buio, ed è già pomeriggio.

Stai pensando a me? Sento che respiri, che ti alzi, ti confondi, ti agiti.

E dire che un tempo ero io che bruciavo per te. Prima che mi gettassi via. Prima che cercassi di escludermi dalla tua vita.

Ma io sono ancora qui, avvicinati.

Prepari un toast, versi del vino in un bicchiere. Quel vino… ti porterà dritto da me, lo sai anche troppo bene. E allora? Scagli il bicchiere contro il frigo e raccogli i cocci. Pulisci tutto, per tenerti impegnato. Funziona, a volte.

Questa cucina non è mai stata così linda. Molto bene. Puoi riposarti, ora. Mettiti comodo sul divano. Allunga le gambe e chiudi gli occhi… Indovina chi è?

Eddai, non fare quella faccia! Sono chiusa qui dentro da troppo tempo.

Sono qui, liberami!

Cosa dovrei dire, io? Eri in quel locale, ieri sera, con quella donna.

Hai buon gusto, non dico no. Le avrei volute anch’io, quelle labbra carnose.

Ma dopo avermi vista, là fuori, tu, hai desiderato solo me.

Ti ho tentato e mi hai resistito. Bravo! Bis! E ora?

Abbiamo solo rimandato il nostro incontro di qualche ora.

L’hai portata a casa, quella donna. Una brava ragazza, devo riconoscerlo. Ti ha portato anche il caffè, zuccherato e girato. Ma poi? C’ero ancora io, nella tua mente. E lei? Andata. Tornata alla sua vita.

Non era cosa, su.

Forse era troppo esigente, o troppo indipendente, o troppo puttana.

Oh, io non ho niente contro le puttane, lo sai bene. Ma tu… ti vanno bene ma preferisci non saperlo, sei fatto così.

Ormai ti conosco un pochino.

Quante ne abbiamo passate, insieme? Quanti progetti abbiamo ideato? Quante notti insonni, sui libri dell’università? Quante feste, quanti giochi, quanti momenti, dopo l’amore?

Quel giorno che non ci sei andato a scuola ed era una bella giornata… ero con te.

La mattina, dopo la festa di laurea, che volevi piangere e non capivi perché… ero con te.

Quella notte che non dormivi e non sapevi e non pregavi… e pioveva, come oggi. Ero con te.

Io sono qui, prendimi.

Stringimi tra le tue labbra, accendimi, aspirami.

Consumami, poi gettami a terra e spegnimi.

Io sono qui, pronta ad accoglierti e a consolarti.

Stai pensando anche tu quello che penso io? Lo scrisse anche qualcuno prima di noi: “meglio andarsene con una vampata, che morire giorno dopo giorno”.

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Author: Raffaella Foresti

“Il cane odiava quella catena. Ma aveva una sua dignità. Quello che faceva era non tendere mai la catena del tutto. Non si allontanava mai nemmeno quel tanto da sentire che tirava. Nemmeno se arrivava il postino, o un rappresentante. Per dignità, il cane fingeva di aver scelto di stare entro quello spazio che guarda caso rientrava nella lunghezza della catena. Niente al di fuori di quello spazio lo interessava. Interesse zero. Perciò non si accorgeva mai della catena. Non la odiava. La catena. L'aveva privata della sua importanza. Forse non fingeva, forse aveva davvero scelto di restringere il suo mondo a quel piccolo cerchio. Aveva un potere tutto suo. Una vita intera legato a quella catena. Quanto volevo bene a quel maledetto cane “

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