«Qualcuno ha detto che La stella di Ratner è il mostro al centro della mia produzione.
Ma forse è come se fosse in orbita, in orbita attorno ai miei altri libri». Don DeLillo
Billy Twillig è un premio Nobel, il più geniale matematico della sua epoca, il massimo esperto in un campo di studi così specializzato ed estremo da coincidere, praticamente, con la sua sola persona. E ha quattordici anni.
È stato prelevato da forze non meglio precisate e condotto in una località segreta dell’Asia centrale per partecipare all’Esperimento sul campo numero uno: un enorme centro di ricerca in cui studiosi di tutto il mondo cercano di raggiungere «la conoscenza. Studiare il pianeta. Osservare il sistema solare. Ascoltare l’universo. Conoscere noi stessi».
Billy è stato convocato perché rappresenta l’unica speranza per decifrare il mistero supremo: tempo fa, proveniente dalla lontana stella di Ratner, è giunto un segnale radio che ha tutta l’apparenza di un messaggio da un’intelligenza aliena. Ma nemmeno la più alta concentrazione di scienziati del pianeta è riuscito a decodificarlo. Finora.
Per la prima volta tradotto in italiano, La stella di Ratner è, fin dal suo apparire nel 1976, tra tutti i romanzi di Don DeLillo l’oggetto del culto più tenace, enigmatico e sotterraneo.
Qualche anno più tardi, tentando di spiegarne il segreto, lo stesso DeLillo dirà: «Ho provato a scrivere un romanzo che non solo avesse la matematica tra i suoi argomenti, ma che, in un certo senso, fosse esso stesso matematica. Doveva incarnare un modello, un ordine, un’armonia: che in fondo è uno dei tradizionali obiettivi della matematica pura». Un libro, in altri termini, in cui la forma e la teorizzazione della forma coincidono con il contenuto: in cui gli opposti si riversano l’uno nell’altro in una fuga senza fine, come in un nastro di Möbius o nel simbolo dell’infinito. E tutto ciò DeLillo lo fa con una versione postmoderna diAlice nel paese delle meraviglie (richiamata fin dai titoli delle due parti del romanzo: Avventure e Riflessi), costruendo un testo che riesce a essere al medesimo tempo un concentrato di humour, una satira delle umane, universali ambizioni e dei moderni fallimenti tecnico-burocratici, un «ritratto d’artista» e un romanzo di formazione. Ma forse la migliore descrizione della Stella di Ratner è racchiusa fra le pagine del libro: «un romanzo sperimentale, un’allegoria, una geografia lunare, una magistrale autobiografia, un criptico trattato scientifico, un’opera di fantascienza».
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estratto da http://www.einaudi.it/libri/libro/don-delillo/la-stella-di-ratner/978880618985 recensione pubblicata da G.M.Fabbrucci il 15 maggio 2011
15 maggio 2011
Don DeLillo, il più grande scrittore americano vivente!
15 maggio 2011
Un vero monumento della letteratura postmoderna. Ho appena finito la lettura de “L’uomo che cade” e “Rumore Bianco”. Se non li hai ancora letti, te li consiglio di cuore.
Giorgio Michelangelo
19 maggio 2011
Grazie e complimentoi per il sito. Francesco
18 maggio 2011
forte de lillo. il mio preferito rimane però rumore bianco. immaginare un professre di studi Hitleriani è veramente grottesco
18 maggio 2011
lo leggerò, allora. in passato mi ha incuriosito ma non ho mai avuto il coraggio di attaccare Underworld …
6 ottobre 2011
Underworld è certo il + bello. MA a me sono piaciuti molto anche la rumore bianco, libra, l’uomo che cade…
invece la stella non mi è piaciuto per niente, è un mero esercizio, completamente vuoto di contenuti.
6 novembre 2011
A me DeLillo non piace. E’ lo scrittore più sopravvalutato del mondo, secondo me. La sua scrittura è accademica e precisa ma in definitiva monotona e noiosa. Quanto ai contenuti, pregevoli concettualmente ma sembrano l’illustrazione di un metodo o di una teoria sociologica e sono inseriti in strutture narrative che producono un fracasso di ingranaggio a dir poco assordante. Come motori di Ferrari inseriti in carrozzerie di utilitarie. Non mi sembra un grande scrittore, ma suscita un incomprensibile timore reverenziale. Chissà perchè.
6 novembre 2011
@Carlo: Mi colpisci al cuore! Di certo “de gustibus non disputandum est” ma permettimi di proporti il mio punto di vista.
Non trovo la scrittura di Delillo accademica, in primo luogo perchè la sua intera vita non lo è stata (viene dal Bronx, ha fatto il pubblicitario e ha vissuto in Grecia e in India); in secondo luogo perchè, come prima di lui Carver e insieme a lui McCarthy, ha posto basi solide e soprattutto nuove, alla letteratura americana contemporanea. Non per nulla è considerato da Bloom uno dei quattro pilastri della letteratura stelle e strisce. Penso che la qualità della sua scrittura posi sopprattutto nella apacità di saper raccontare i pensieri. Alla fine i testi di delillo si reggono su trame spesso strampalate, ma riescono a conquistarti proprio perché sono le menti dei suoi personaggi ad essere messe a nudo. E in questa nudità il lettore ritrova non solo se stesso, ma anche i timori e le contraddizione dell’Occidente. Forse hai ragione, ha volte c’é fracasso… ma quale mente posiziona i propri pensieri in un ordine puntale? E’ uno dei temi caldi della sua poetica: la tecnologia e la spersonalizzazione dell’individuo.
Io finalmente sono approdato ad Underworld e ti assicuro: è una lettura che mi appaga nel profondo.
GMF
7 novembre 2011
Ho letto Rumore bianco negli anni ’90, poi Underworld, Libra e La stella di Ratner qualche mese fa. Nessuno mi ha fatto impazzire come Mason & Dixon di Pynchon, lui si un genio che anche quando sbaglia (e sbaglia parecchio)sorprende per l’originalità e l’energia con cui propone il suo punto di vista. Come disse un noto critico d’arte “c’è un solo modo per fare correttamente una cosa, ma milioni di errori geniali”. ecco, Pynchon fa milioni di errori geniali, DeLillo sai in anticipo cosa ti deve, e sopratutto COME, te lo deve dire .
7 novembre 2011
Scusate i refusi.
9 novembre 2011
Non l’ho letto, sarà tra i must buy al prossimo giro salariale.